Il Commercialista Veneto n.224 (MAR/APR 2015) - page 29

NUMERO 224 - MARZO / APRILE 2015
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IL COMMERCIALISTA VENETO
ripartire le ulteriori risorse esistenti al momento di corrispondere le retribuzioni ai
dipendenti in modo da poter adempiere al proprio obbligo.
L’opzione selezionata dal datore di lavoro in stato di illiquidità, il quale decida
volontariamente di non versare le ritenute, non risulta quindi scusabile in ragione del suo
ruolodi sostituto, con la conseguente impossibilità di invocare l’assenza di dologenerico,
elemento soggettivo del reato di cui si parlerà più oltre, in quanto è la stessa indefettibilità
a caratterizzare la scadenza di legge ed escludere l’impossibilità di adempiere per
sopravvenuta crisi di liquidità
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, elemento del tutto irrilevante sul piano penale.
A tale ultimo proposito, appare opportuno segnalare brevemente la progressiva
apertura giurisprudenziale, in netta opposizione con la summenzionata irrilevanza
dell’impossibilità ad adempiere, tanto delle Corti di merito quanto di legittimità in
tema di omesso versamento delle ritenute di cui agli artt. 10 bis e 10 ter del D. Lgs.
74 del 2000, laddove è stata riconosciuta la non colpevolezza dell’imprenditore,
gravato però dell’onere probatorio, il quale ometta i versamenti delle ritenute,
qualora non disponga della necessaria provvista a causa dell’utilizzo delle sole
risorse disponibili per corrispondere le retribuzioni ai dipendenti
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, valutando, per
un verso, la possibilità di una insussistenza di dolo generico, inteso quale
rappresentazione del comportamento omesso come dovuto e volontà di non
adempiere e, dall’altro, paventando l’ipotesi di un comportamento soltanto
imprudente ed inadeguato, ossia colposo.
Sgombrato il campo dalla casistica inerente la
leviore
situazione di insolvenza o
illiquidità, anche nella più grave ipotesi di dichiarazione di fallimento della società,
laddove le ritenute oggetto di omissione concernanomensilità precedenti alla sentenza
dichiarativa e, dunque, riconducibili ad un momento in cui la società era ancora
in
bonis,
mentre la diffida ad adempiere sia pervenuta solo in un momento successivo,
la Corte di Cassazione, a differenza di talune sentenze di merito certamente meno
“rigorose”, si è dimostrata assolutamente inflessibile, stabilendo l’onere per
l’imprenditore di sollecitare, da un lato, il curatore fallimentare (o il Giudice), il
quale poi possa provvedere al pagamento, ovvero ottenere l’autorizzazione a
distrarre risorse proprie e personali destinandole al versamento, qualora non anche
dichiarato fallito in proprio
15
.
Volendo poi accennare al tema del riconoscimento della circostanza attenuante
prevista dall’art. 62, n. 6 c.p.
16
, consistente nella possibilità per l’agente di riparare
il danno causato, essa non appare praticabile in quanto, secondo Cass. Pen., sez.
III, 20.12.2007, n. 47340
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il semplice versamento dei contributi omessi effettuato
prima del giudizio non dimostra la spontaneità del versamento, ben potendo lo
stesso essere effettuato a seguito di messa in mora del debitore da parte dell’Istituto,
ma anche perché l’integralità del versamento non coincide con l’ammontare dei
contributi, dovendosi computare gli interessi e le spese eventualmente sostenute
dall’Istituto per il recupero del credito (in motivazione la Corte ha ulteriormente
affermato che è onere del reo fornire elementi idonei a dimostrare la spontaneità,
l’effettività e l’integralità del risarcimento).
Quanto all’elemento soggettivo
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, per il perfezionamento della fattispecie di reato,
dottrina e giurisprudenza uniforme paiono richiedere la sussistenza non del dolo
specificoma di quello generico, non rilevando infatti la finalità perseguita dal soggetto
agente, “
esaurendosi con la coscienza e volontà della omissione o della tardività
del versamento delle ritenute
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”,
integrato “
dalla consapevole scelta di omettere i
versamenti dovuti, che è esclusa da qualsiasi comportamento inadempiente
improntato a colpa
20
.
Secondo la pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. III, 15.11.2007, n. 47340
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, la
conseguenza di un tanto sarebbe dunque quella della non necessità, una volta accertata
tale volontarietà omissiva, desunta nel caso di specie dal tardivo versamento delle
ritenute omesse, di una esplicita motivazione sulla esistenza del dolo.
Quanto sopra esposto si ricollega con il principio, ancora di matrice
giurisprudenziale, recentemente ribadito nella Sentenza di Cassazione n. 45934 del
06.11.2014
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, secondo il quale, sebbene non rilevi, “
se non a determinate
condizioni”
, la fase di difficoltà economica attraversata dal datore di lavoro, il quale
destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti, d’altra parte
però la mera mancanza di diligenza nell’adempimento degli obblighi contributivi e
la colposa discontinuità, o mancanza di costante puntualità, nei versamenti periodici
all’istituto previdenziale, non integrano la fattispecie del dolo generico
”.
In stretto collegamento con tali affermazioni, i Giudici di legittimità hanno poi
frequentemente statuito sulla responsabilità del versamento in capo al solo datore
di lavoro, tenuto a vigilare sull’effettivo versamento pur nell’ipotesi in cui
l’adempimento in questione sia stato affidato ad un soggetto terzo
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, anche
professionista in materia, nonché sulla posizione dell’amministratore di diritto
della società, seppur mero prestanome, rispetto a quello di fatto: è il primo a
rispondere del delitto di omesso versamento in quanto l’accettazione della carica
importa doveri di vigilanza e controllo sulla corretta gestione degli affari sociali, il
cui mancato rispetto conduce ad una responsabilità a titolo di dolo generico,
nell’ipotesi di accertata consapevolezza che dalla condotta omissiva possano
scaturire gli eventi tipici del reato, ovvero a titolo di dolo eventuale in caso di
semplice accettazione del rischio che questi si verifichino
24
.
La responsabilità permane anche in capo all’amministratore di società grandi
dimensioni, in assenza di una valida delega di funzioni ad altro soggetto e seppure
in presenza di un apposito ufficio che curi la redazione dei modelli DM e delle
rispettive ritenute
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2. LAPOSIZIONEDELLASENTENZAN.139/2014 DELLACORTE
COSITUZIONALE ED IL SUCCESSIVO INTERVENTO LEGISLATIVO
DIDEPENALIZZAZIONE
Quanto sin qui sinteticamente esposto risulta funzionale ad introdurre il più recente
intervento formulato dalla Corte Costituzionale con la Sentenza 19.05.2014, n.
139, la quale è tornata ad occuparsi della legittimità del delitto previsto e punito
dall’art. 2, comma 1 bis del D.L. 12.09.1983, n. 463, con riferimento al principio di
eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione.
La Pronuncia in commento origina da due distinte Ordinanze di rimessione, entrambe
di data 7 agosto 2013, emesse dal Tribunale di Imperia, ove il Giudice era stato
investito di un processo penale nel quale il Pubblico Ministero aveva disposto la
citazione a giudizio di due datori di lavoro per omesso versamento all’INPS delle
ritenute sulle retribuzioni dei lavoratori per un importo complessivo, rispettivamente,
di € 24,00 nel primo caso e, nel secondo, in due distinti periodi di imposta, di €
1.544,00 e 1.804,00.
Nel primo provvedimento di rinvio, i dubbi del remittente sarebbero sorti dalla
mancata previsione, all’interno della disposizione censurata, di una soglia in assenza
della quale risulterebbe “
sempre punibile con la sanzione penale il datore di lavoro
che ha omesso i versamenti di ritenute di minima o irrisoria entità
”, laddove,
invece, tale soglia è stata effettivamente introdotta in materia di imposte sui redditi
e sul valore aggiunto, con la previsione di cui all’art. 10 bis del D. Lgs. 10.03.2000,
n. 74
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, la quale punisce con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versi
entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto
di imposta le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, “
per un
ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo di imposta
”. Ad
avviso del rimettente, dunque, una simile ed irragionevole disparità di trattamento
potrebbe essere superata se la Corte riconsiderasse la questione mutando la posizione
espressa oltre un decennio addietro con l’Ordinanza n. 206 del 2003
27
, quando la
norma di cui all’art. 2, comma 1 bis del Decreto 463 del 1983 era stata ritenuta
[13] Cass., sez. III, 28.01.2014, n. 3705, in IMBRIACI S.,
Omesso versamento delle ritenute previdenziali: l’insolvenza non attenua la responsabilità
, in Guida al Lavoro, 2014, 10, 79.
[14] Così Cass. Pen., sez. III, 09.10.2013 n. 5905, FONTANA E.,
Omesso versamento di ritenute: quando la crisi di impresa esclude la penale rilevanza
, in Diritto e Giustizia, 2014, 124.
[15] Cass. Pen., sez. III, 13.05.2014, n. 19574, FONTANA E.,
Nonostante la crisi di impresa e intervenuto fallimento è davvero stretto lo spiraglio che scrimina l’imprenditore
,
in Diritto e Giustizia, 14.05.2014.
[16] Ossia “l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l'essersi, prima del
giudizio e fuori del caso preveduto nell'ultimo capoverso dell'articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o
pericolose del reato”,
[17] In Cass. Pen., 2009, 2, 724. Si veda anche la successiva conforme Cass. Pen., sez. III, 04.03.2010, n. 16483, CED 246766.
[18] ARENA M., CUI S.,
I reati sul lavoro: sicurezza e igiene del lavoro, nuovo reato di "caporalato, tutela e libertà del lavoratore, risarcimenti
, 2012, Giuffrè, 167 ss.
[19] Così Cass. Pen., Sez. III, 10.04.2002, n. 33141, in Cass. Pen. 2003, 2046 ed in Dir. prat. lav., 2002, 45, 2955. Conformemente anche Cass. Pen., Sez. III, 18.11.2009 n.
2354, in CED Cass. Pen. 2010 e, da ultimo, Cass. Pen., sez. III, 09.10.2013, n. 41680, in Diritto e giustizia on line, 10.10.2013, secondo cui il reato in questione richiede il dolo
generico, essendo questo integrato semplicemente dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, vale a dire esaurendosi con la coscienza e volontà della omissione
o della tardività del versamento delle ritenute. Non è sufficiente ad elidere tale volontarietà, per convertire l'elemento soggettivo in colpa, la situazione di dissesto della società,
poiché la volontarietà della omissione non viene meno perché il datore di lavoro sta attraversando una fase di criticità economica.
[20] Cass. Pen., sez. III, ord. 40365 d.d. 19.09.2012, richiamata da Cass. Pen., sez. III, 06.11.2014 n. 45923, in Banca dati leggi d’Italia, in relazione ad una fattispecie nella
quale è stata ritenuta immune da censure la decisione assolutoria che aveva valorizzato l’episodicità e l’importo contenuto delle inadempienze.
[21] In CED, 238617.
[22] In Banca dati lex24omnia.
[23] Secondo Cass. Pen., sez. III, 10.06.2005, n. 24938, in Cass. Pen., 2006, 6, 2265, “l’obbligo di versare i contributi spetta al datore di lavoro, e tale qualificazione nelle
imprese collettive spetta al soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa o dell’unità produttiva […] Responsabile nei
confronti dei terzi e, quindi, tenuto al versamento dei contributi è quindi il soggetto al quale in base ai libri sociali figura conferita la rappresentanza, a nulla rilevando che tale
designazione possa essere fittizia”.
[24] Così, da ultimo Cass. Pen., sez. III, 19.02.2014, n. 7770, in Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24. Si veda anche Cass. Pen., sez. III, 10.09.2013, n. 37130, in Diritto
e Giustizia online 2013, 11.09.2013, ove si afferma che il datore di lavoro risponde penalmente in ogni caso, essendo punibile per concorso in omesso versamento delle ritenute
previdenziali anche se ha dato incarico a un terzo che non vi ha provveduto.
[25] Così Cass. Pen., sez. III, 18.06.2003, n. 35259, in Dir. e prat. del lavoro 2003, 2970.
[26] Rubricato “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’art. 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205,” introdotto dall’art. 1,
comma 414, della Legge 30 dicembre 2004, n. 311.
[27] Quando la questione era stata ritenuta manifestamente infondata, sempre con riferimento al principio di eguaglianza espresso dall’art. 3 della Costituzione.
La depenalizzazione del delitto
di cui all'art. 2, comma 1 bis
del D.L. 12.09.1983, n. 463
SEGUE A PAGINA 30
SEGUE DA PAGINA 28
1...,19,20,21,22,23,24,25,26,27,28 30,31,32,33,34,35,36
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