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NUMERO 224 - MARZO / APRILE 2015
IL COMMERCIALISTA VENETO
costituzionalmente legittima, in primo luogo in ragione della condotta strutturalmente
diversa da quella di cui all’art. 10 bis del D. Lgs, 74/2000
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e, in seconda analisi, a
fronte della disomogeneità dell’obbligo tributario gravante sul datore di lavoro
rispetto all’obbligo di natura previdenziale, “
al quale è sottesa la rafforzata tutela
degli interessi del lavoratore subordinato e della sua posizione contributiva, secondo
il disposto degli artt. 1, 4, 35 e 38 Cost.
”, argomentando infine in ordine
all’inammissibilità di un sindacato sul merito delle scelte del legislatore se non per
profili di “
assoluta arbitrarietà o manifesta irragionevolezza
”
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, senza poter
dimenticare la presenza del presidio civilistico di cui all’art. 2116 c.c., per il quale
le prestazioni previdenziali ed assistenziali sono dovute al lavoratore anche quando
l’imprenditore non abbia versato i contributi dovuti
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.
La seconda Ordinanza di remissione, i cui contenuti sono sostanzialmente analoghi
alla prima e che, si rammenta, riporta la medesima data, giunge addirittura ad
individuare, mediante calcoli parametrati sulla soglia prevista per l’omesso
versamento delle ritenute IVA, il limite di non punibilità fissato in € 18.485,00 per
ciascun periodo di imposta.
La Corte Costituzionale, all’esito dell’esame di tutte le doglianze mosse dal Tribunale
di Imperia, sceglie di confermare l’orientamento già manifestato con la propria
Pronuncia n. 139/2004. Viene innanzitutto confutato il carattere di omogeneità tra
la norma censurata e quella di cui all’art. 10 bis, selezionata quale
tertium
comparationis
, con la precisazione che “
gli obblighi tributari e previdenziali di cui
si tratta, pur rientrano nell’ampia categoria delle obbligazioni pubbliche, sono
correlativi ad interessi diversi, rispettivamente presi in considerazione da due
diversi precetti costituzionali di cui agli artt. 53 e 28 della Costituzione
”, e pertanto
ben possono essere regolati da sistemi differenti. Parimenti risultano dissimili le
rationes
a base delle due norme incriminatrici: la prima, quella di cui all’art. 2,
comma 1 bis, volta a tutelare il sistema previdenziale nel suo complesso
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, la
seconda orientata a configurare “
un ristretto numero di fattispecie
” dotate di “
rilevante
offensività per gli interessi dell’Erario
”
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.
Le due fattispecie penali, frutto di un’autonoma scelta del legislatore non
irragionevole ovvero arbitraria, ad avviso della Consulta, presentano sostanziali
dissomiglianze anche con riferimento alla struttura ed alle caratteristiche: se, infatti,
il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali è a consumazione istantanea
e prevede una speciale causa di estinzione, la possibilità cioè di una corresponsione
tardiva degli importi entro il termine di tre mesi dalla contestazione, la seconda
disposizione “
introduce una condizione oggettiva di punibilità, che impedisce di
configurare il disvalore penale delle condotte non ritenute di rilevante offensività
”.
In ultimo, prima di sancire l’infondatezza della questione di legittimità, la Corte
provvede a raccomandare l’applicazione del generale canone interpretativo “
offerto
dal principio della necessaria offensività della condotta concreta
”, che permetterebbe
al Giudice di accertare se il comportamento posto in essere risulti effettivamente
idoneo a ledere i beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice.
L’integrità del delitto non è dunque stata intaccata dalla Pronuncia della Consulta,
la quale aveva comunque ipotizzato la possibilità di un intervento legislativo a
carattere deflativo in materia, ed il legislatore, proprio in ossequio a tale esigenza,
ha stabilito, tra le diverse previsioni ivi contemplate, con la Legge 28 aprile 2014, n.
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(in GU n.100 del 02.05.2014), all’art. 2, comma 2, lett. c), di “
trasformare in
illecito amministrativo il reato di cui all’articolo 2, comma 1 bis, del decreto
legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11
novembre 1983, n. 638, purché l’omesso versamento non ecceda il limite
complessivo di 10.000 euro annui e preservando comunque il principio per cui il
datore di lavoro non risponde a titolo di illecito amministrativo, se provvede al
[28] Laddove la condotta del reato di omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali era suscettibile di integrare gli estremi della condotta appropriativa di cui all’art.
646 c.p. L’Ordinanza prosegue richiamando la più recente pronuncia di legittimità Corte di Cassazione, SS UU, 20.10.2011, n. 37954, in Guida al Diritto, 2011, 47, 84, annotata
da BELTRANI S., secondo la quale la posizione del datore di lavoro-sostituto d'imposta è completamente sovrapponibile a quella del datore di lavoro che effettua le trattenute
sulle retribuzioni per riversarle alla Cassa edile, e, a maggior ragione, a quella del datore di lavoro che effettua le ritenute dei contributi previdenziali. In ciascuno di detti casi,
difatti, si è in presenza di un "accantonamento" di una somma determinata di denaro, finalizzata ad un fine determinato, da versarsi ad un terzo alle scadenze stabilite.
[29] GIUDICI A.,
Omesso versamento delle ritenute previdenziali e soglie di punibilità: dalla Corte Costituzionale uno spunto per una valutazione sull’offensività della
condotta
, in Diritto penale contemporaneo, 28.05.2014.
[30] Tale argomentazione, utilizzata dal rimettente per ribadire l’indifferenza del lavoratore in relazione al versamento o meno delle ritenute previdenziali, verrà poi, in sede
di motivazione, dalla Consulta invece utilizzata proprio per comprovare la tutela rafforzata predisposta a garanzia dei diritti del lavoratore.
[31] Come confermato dall’ulteriore obbligo per il datore di lavoro di versare una somma aggiuntiva pari fino a due volte l’importo dovuto nel caso di omesso o incompleto
versamento.
[32] MARINO G.,
Il datore non versa 24 euro di ritenute? Il reato non è incostituzionale
, in Diritto e Giustizia, 22.05.2014.
[33] Rubricata “Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento
con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili”.
[34] “In questa prospettiva, nel sistema sanzionatorio della previdenza e della assistenza obbligatorie, tutte le (residue) fattispecie di reato previste da leggi speciali saranno
oggetto di depenalizzazione in forza della Legge 67/2014”. Si veda RAUSEI P.,
Omesso versamento delle ritenute previdenziali
, in Diritto e pratica del lavoro, 2014, 28, 16011
ss.
[35] “Cassazione, il mancato versamento delle ritenute è reato, in Guida al lavoro, 31.10.2014, 42, 61.
[36] Prosegue la Sentenza in commento precisando che “se il Giudice di merito è legittimato ad effettuare una valutazione in termini di offensività delle condotte asseritamente
costitutive del reato in parola, costituisce dato altrettanto oggettivo il fatto che il Parlamento […] ha stabilito, in termini espliciti, che omessi versamenti inferiori a €10.000,00
per ogni periodo di imposta non possono e non devono considerarsi offensivi di interessi penalisticamente tutelati”, in MARANI S.,
Omesso versamento ritenute Inps: se
inferiore a 10.000 euro non è reato
– Tribunale di Asti, Sentenza 27.06.2014, in Altalex.it; contra si è invece ancor più recentemente espresso il Tribunale di Torino , sent.
05.11.2014, in Altalex.it.
[37] Così Cass. Pen., sez. fer., 31.07.2014, n. 38080, in Banca Dati iusexplorer, Giuffrè.
versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica
dell’avvenuto accertamento della violazione
”
34
.
Pur trattandosi di una Legge Delega, per la quale risulta ancora necessario un
intervento attuativo ad opera del Governo, in seno alla giurisprudenza di merito è
andata creandosi una corrente che ha dato per acquisita la volontà legislativa di
limitare l’ulteriore esercizio dell’azione penale nei confronti del reato oggetto di
depenalizzazione
35
.
Il Tribunale di Bari e quello di Asti hanno, con le proprie Sentenze di data 16.6.2014
e 27.06.2014, concordemente escluso la responsabilità del datore di lavoro per
omesso versamento delle ritenute previdenziali, motivando in ordine all’applicazione
del principio del
favor rei
di cui all’art. 2, comma 4 c.p., il quale prevede
l’applicazione della legge penale più favorevole al reo, salvo l’intervento di sentenza
irrevocabile. In particolare, il Tribunale di Asti, con la di poco successiva decisione
citata, ha ritenuto che, già prima dell’entrata in vigore del decreto attuativo, il fatto
ascritto all’imputato non costituisca più reato, “
alla luce dell’apprezzamento
congiunto e sistematico di due dati dell’ordinamento giuridico
”: il primo risiederebbe
nella esaminata Sentenza n. 139/2014 della Corte Costituzionale che, pur
confermando la legittimità della norma, ha sottolineato l’utilità del principio di
necessaria offensività della condotta, canone ermeneutico la cui applicazione
discrezionale potrebbe però dare luogo a gravi pregiudizi del principio di uguaglianza;
ciononostante, un parametro sufficientemente oggettivo risiederebbe, ad avviso del
Giudice piemontese, proprio nell’art. 2, comma 2, lett. c), della L. 67/2014, che
fissa il limite del mancato versamento in € 10.000,00. Quanto alla possibilità di dare
applicazione ad una mera legge delega, la quale non abbia dato luogo ad una formale
depenalizzazione, la Sentenza ha richiamato una pronuncia della Consulta (n. 224
del 1990) che ha statuito sul suo carattere “
non meramente formale
”, “
fonte
direttamente produttiva di norme giuridiche
”, dotata di “attitudine” ad orientare
l’interpretazione e, “
più in particolare, a completare il contenuto precettivo di
quanto affermato dal Giudice delle Leggi
”
36
.
Ancora, al proposito, la Corte di Cassazione, riunita in periodo feriale, con la
propria Sentenza 31.7.2014, n. 38080, il cui deposito riporta la data del 17 settembre
2014, ha ritenuto invece che il processo di depenalizzazione non possa dirsi ancora
compiuto e che “
la fattispecie in esame è tutt’ora prevista come reato, limitandosi
la Legge 28 aprile 2014, n. 67, richiamata dal ricorrente, a stabilire una delega al
Governo in materia di pene detentive non carcerarie, perciò non apportando in
nessun modo modifiche alla figura di reato in oggetto
”
37
.
Su quest’ultimo presupposto ed ancor più recentemente, si è altresì pronunciato il
Tribunale di Asti con la Sentenza d.d. d.d. 07.11.2014, la quale, pur non ritenendo
di fatto abrogata la norma penale incriminatrice per effetto della vigenza della sola
Legge Delega, nelle more dell’entrata in vigore dei Decreti attuativi, ha precisato che
in ogni caso, quanto alle evasioni contributive contestate il cui ammontare risulti
inferiore agli € 10.000,00 annui, “
resterà pur sempre a carico del giudice del merito
stabilire, alla luce di tutti i parametri anche fattuali emergenti nel caso di specie, se
la condotta assurga o meno a rilievo penale
”.
Aparere del Tribunale di Aosta, dunque, oltre alla soglia di punibilità prevista dalla
Legge Delega, per l’applicazione del menzionato canone ermeneutico debbono
essere complessivamente valutate, quali parametri della condotta, anche ulteriori
elementi di fatto, tra cui l’arco temporale nella quale l’omissione è stata compiuta
“
e segnatamente il numero delle mensilità in relazione alle quali il versamento è
omesso
”, “
l’importo delle singole rate non versate, l’ammontare complessivo delle
stesse, la sussistenza o meno della crisi di impresa e, più ampiamente, le ragioni
dell’omissione o del ritardo
”.
In conclusione, il Giudice, all’esito di una simile valutazione complessiva, ha assolto
l’imputato ai sensi dell’art. 530 c.p.p.
“perché il fatto non costituisce reato”,
a
differenza di quanto accaduto con le menzionate statuizioni dei Tribunali di Asti e
Bari, le quali hanno provveduto all’assoluzione dei rispettivi imputati
“perché il
fatto non è previsto dalla legge come reato”.
Stante, dunque, l’attuale contrasto, si ritiene auspicabile un rapido intervento
governativo volto a stabilizzare e dirimere definitivamente la questione, disciplinando
così compiutamente la nuova soglia, al di sotto della quale il delitto di omesso
versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali non integrerà più un illecito
penale, portando con sé gli sperati effetti deflativi.
La depenalizzazione del delitto
di cui all'art. 2, comma 1 bis
del D.L. 12.09.1983, n. 463
SEGUE DA PAGINA 29