NUMERO 224 - MARZO / APRILE 2015
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IL COMMERCIALISTA VENETO
Il debito pubblico ci salverà
ADRIANOMESAROLI
Ordine di Trento e Rovereto
SEGUE A PAGINA 34
POLITICA ECONOMICA
S
E A UN RAGAZZINO DI TERZA MEDIA si chiedesse se il debito
pubblico sia una cosa negativa o positiva, egli tenderebbe inevitabilmente
a rispondere che è negativo. Se la stessa domanda venisse rivolta per strada
a un qualsiasi passante, la risposta sarebbe presumibilmente la medesima.
Se, infine, quella fatidica domanda fosse oggetto di una discussione parlamentare,
sarebbe ben difficile trovare qualcuno che si trovasse in disaccordo con il ragazzino e
l’uomo della strada. In poche parole, tutti noi siamo convinti che indebitarsi sia un
male e che risparmiare sia un bene. Del resto, la favola della cicala e la formica, con cui
siamo cresciuti, ce lo ha insegnato fin da piccoli. Ma siamo proprio sicuri che l’assioma
delle negatività del debito pubblico sia fondato? E se scoprissimo che il debito pubblico
è in realtà la
conditio sine qua non
dello sviluppo e della ricchezza privata?
A ribaltare il luogo comune ci pensa la Modern Money Theory (MMT), ovvero la
teoria della moneta moderna, una scuola economica di matrice post-keynesiana e
cartalista fondata negli anni ‘90 dall’investitore ed economista statunitense Warren
Mosler e sostenuta da accademici del calibro di RandallWray, BillMitchell e Stephanie
Kelton (da poco nominata Economista Capo della Commissione Bilancio del Senato
degli Stati Uniti). Questa teoria trova le sue radici, in particolare, nel pensiero economico
di John Maynard Keynes, Abba Lerner e Hyman Minsky e ha i caratteri propri di un
pensiero rivoluzionario, poiché sovverte il comune pensiero sulla funzione della
moneta e, di conseguenza, sul ruolo dello Stato all’interno del processo economico.
Da dove nasce la moneta?
Ci hanno sempre insegnato, sull’onda del metallismo di Carl Menger, che la moneta
nacque come strumento sostitutivo dei pagamenti di mercato, ovvero come mezzo
per rendere più agevole il baratto attraverso pezzetti di metallo (le monete appunto)
dal valore standardizzato e dipendente dalla quantità/qualità di metallo presente. In
poche parole, secondo questa teoria, la moneta prenderebbe avvio dalla scelta
razionale di individui perfettamente inseriti in un contesto di mercato.
Eppure, recenti studi archeo-antropologici tendono a mettere seriamente in
discussione questomodello, rilevando come la moneta sia stata piuttosto l’evoluzione
della registrazione dei rapporti di debito-credito tra gli individui (quindi come un
sistema di conto, privo di un valore intrinseco) e che questo sistema fosse gestito
dall’autorità che, attraverso di esso, stabiliva la sua sovranità imponendo il pagamento
delle tasse nell’unità di conto preferita. In poche parole, la moneta nacque come un
mezzo privo di valore in sé, ma capace di rendere conto dei rapporti di debito/credito
tra le persone e, soprattutto, del rapporto di sudditanza dei cittadini nei confronti
dell’autorità. Nel momento in cui i cittadini pagavano (in beni o in lavoro) le tasse, il
sovrano rilasciava loro un oggetto (la moneta, appunto) che dimostrava l’avvenuto
pagamento. Tale modello viene confermato da quello che accadde nel XIX secolo in
Ghana, dove i colonizzatori inglesi imposero ai ghanesi una tassa in sterline, senza il
pagamento della quale questi ultimi avrebbero perso le loro case, distrutte dai soldati
britannici. Per evitare ciò, i ghanesi furono costretti a guadagnare le sterline attraverso
il lavoro nelle piantagioni di caffè dei padroni colonialisti.
Ciò dimostra che la moneta nasce nel momento in cui viene creata dall’autorità e
corrisponde ai criteri che l’autorità stessa stabilisce. In poche parole: la moneta è
uno strumento con cui il sovrano impone il proprio dominio e, di fatto, viene
emessa da lui in cambio di lavoro. Ciò conduce a due ulteriori conseguenze: 1) la
moneta non pre-esiste al sovrano, ma succede a esso come strumento di regolazione
dei debiti (obblighi di lavoro); 2) la moneta non possiede un valore in sé, quindi non
è una merce, dunque non può scarseggiare.
Le eventuali perplessità rispetto alle osservazioni precedenti dovrebbero cadere
del tutto nel momento in cui si parli di moneta moderna, cioè della moneta svincolata
da qualsiasi legame con un metallo (cioè una merce scarsa), così come è avvenuto
dopo la fine del gold standard nel 1971. Da quel momento la moneta è tornata, di
fatto, a svolgere in modo chiaro il ruolo che ha avuto in origine, ovvero lo strumento
in mano al sovrano (Stato) per obbligare i cittadini a lavorare per pagare le tasse
denominate nell’unità di conto della moneta stessa. In parole semplici: tu lavori, in
cambio ottieni un oggetto simbolico (la moneta) con cui paghi le tasse e con cui
compri beni o servizi che sono prodotti da altre persone, che, a loro volta, hanno
bisogno di quell’oggetto per pagare le tasse. E così via.
Unamoneta di tal fatta (cioè priva di vincoli inmetallo o di legami fissi con altremonete)
si chiama “fiat” ed è la moneta di ogni Stato sovrano. Ad esempio, lo è il dollaro per gli
Stati Uniti, lo yen per il Giappone, la corona per la Norvegia o il franco per la Svizzera.
Non lo è, però, l’euro per i paesi dell’Eurozona. E qua cominciano i guai...
Moneta sovrana significa Stato sovrano
Una moneta sovrana “fiat” è una moneta emessa dallo Stato che non è coperta dalle
MATTIAMAISTRI
PresidenteAssociazione TrentinoMMT
Introduzione alla Modern Money Theory (MMT)
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riserve di metallo (come nel gold standard), che non ha vincoli di cambio fisso con
altre monete e che è lasciata libera di fluttuare. Questa moneta, priva di un valore in
sé, non è una merce, ma è uno strumento sempre a disposizione dello Stato, dunque
non può mai essere soggetta a crisi di scarsità. Questo aspetto ha delle implicazioni
notevoli che, se comprese, consentono di capire quali siano le vere potenzialità di
uno Stato sovrano e, di contro, quali siano i cappi della moneta unica a cambio fisso,
come l’euro, che depotenziano lo Stato in tutto e per tutto.
Poiché in un Paese a moneta sovrana “fiat” lo Stato non ha bisogno di raccogliere
denaro, perché è esso stesso a decidere quanto immetterne o toglierne dal sistema,
con un semplice accredito o addebito presso la Banca Centrale, vengono a cadere
una serie di luoghi comuni così radicati in noi da impedirci di cogliere le possibilità
rivoluzionarie di un approccio originale alla moneta e al rapporto tra Stato e cittadini.
Prima leggenda metropolitana: le tasse servono a finanziare la spesa pubblica
Quante volte ci siamo sentiti intimare: pagate le tasse, altrimenti non avrete i servizi
pubblici. Ciò sarebbe vero qualora la moneta fosse scarsa e lo Stato fosse costretto a
recuperarla dai suoi cittadini per pagare quei servizi. E ciò accade con l’euro che non
è una moneta “fiat”, ma è considerata al pari di una merce, quindi soggetta a crisi di
scarsità, e che impone l’obbligo agli Stati che la utilizzano di recuperala in ogni modo,
anche attraverso la riscossione delle tasse (cioè una sottrazione di ricchezza privata).
In un Paese con moneta “fiat”, invece, lo Stato non ha mai crisi di scarsità di
moneta, poiché è esso stesso a decidere quanta immetterne nel sistema. Le tasse, in
questo caso, svolgono altri scopi, e ben più importanti. Eccoli:
- costringere tutti a usare la moneta dello Stato. Se, infatti, non ci fossero le tasse,
ciascuno potrebbe usare per i propri scambi qualsiasi altro mezzo, sottraendo allo
Stato la legittimità e la sovranità di cui necessita per realizzare i suoi scopi.
- tenere sotto controllo inflazione e deflazione.Attraverso l’aumento o la diminuzione
delle tasse è possibile allargare o restringere il drenaggio di denaro circolante,
controllando di volta in volta i rischi di un’inflazione eccessiva o della deflazione.
- colpire i grandi patrimoni e le rendite improduttive. Attraverso le tasse lo Stato
può colpire patrimoni pericolosi per la sua supremazia (si immagini una società o
una lobby multimilardaria in grado di condizionare a proprio piacimento la vita
politica attraverso l’uso del suo immenso patrimonio), oppure colpire le rendite
improduttive che non generano un beneficio collettivo.
- favorire investimenti “virtuosi” e ostacolare quelli “dannosi”. Attraverso la
tassazione lo Stato è in grado di indirizzare i consumi e gli investimenti verso
prodotti o progetti considerati “virtuosi” e utili al benessere collettivo, colpendo, al
contrario, quelli considerati “dannosi”.Al proposito, l’economistaMathew Forstater
ha evidenziato le possibilità di usare la tassazione in uno Stato con moneta “fiat”
per coniugare produzione e sostenibilità ambientale.
Seconda leggenda metropolitana: i titoli di Stato
servono a finanziare la spesa pubblica
Uno Stato con moneta “fiat” non ha la necessità di andare sul mercato a recuperare
denaro, quindi non necessita di emettere titoli di debito. Questa possibilità potrebbe
restare, eventualmente, come una scelta effettuata per offrire una rendita sicura ai
cittadini investitori, benché ciò significhi garantire un guadagno senza chiedere in
cambio un corrispettivo nella produzione di beni o servizi. La moneta “fiat” libera gli
Stati dai vincoli verso i fondi d’investimento, garantendo una maggiore trasparenza
dell’amministrazione pubblica e unamaggiore garanzia democratica (senza più temere
gli sbalzi del famigerato spread). Aspetti che, invece, mancano totalmente nei Paesi
dell’Eurozona, che risultano minacciati dai ricatti dei mercati, i quali non hanno alcun
interesse a tutelare il benessere collettivo, ma badano esclusivamente al proprio
tornaconto. Liberare lo Stato dal giogo dell’economia finanziaria per potersi dedicare
all’economia reale è uno dei vantaggi offerti dalla moneta “fiat” e a disposizione di
qualsiasi Stato che comprenda le reali potenzialità di questo approccio.
Terza leggenda metropolitana: il debito pubblico è negativo e va eliminato
Un Paese sovrano conmoneta “fiat” non è paragonabile a un cittadino o a un’azienda.
Il debito pubblico, infatti, è cosa del tutto diversa dal debito privato. Quindi, la
favola della cicala e della formica può avere senso soltanto se riferita al debito
privato e non a quello pubblico. Il debito pubblico in moneta “fiat” (dollari, yen,
corone, franchi etc...) è sempre solvibile perché emesso in moneta in possesso dello
Stato stesso. In pratica, è un debito che lo Stato contrae con se stesso.
Inoltre, il debito pubblico corrisponde al credito privato, perché uno Stato che
spende lo fa in cambio di beni e servizi prodotti dai cittadini, quindi garantisce un
credito (denaro) ai lavoratori, che lo potranno usare al momento di agire sul mercato
come acquirenti di altri beni e servizi. In virtù di ciò, lo Stato può sempre intervenire
per tenere sotto controllo il debito privato e mantenere in equilibrio i saldi settoriali
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Teoria economica che suggerisce agli Stati la via d’uscita dalla crisi attuale e da
quelle che verranno ed i cui fondatori Warren Mosler e Randal Wray sono stati ospiti
dell’Università di Trento per un ciclo di lezioni nel mese di maggio 2015.