Il Commercialista Veneto n.222 (NOV/DEC 2014) - page 22

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NUMERO 222 - NOVEMBRE / DICEMBRE 2014
IL COMMERCIALISTA VENETO
MICHELE SONDA
Ordine di Bassano del Grappa
NORME E TRIBUTI
N
ELLADISCIPLINADELCODICEpe-
nale il legislatore ha previsto diversi
tipologie di confisca, intesa come
provvedimento cautelare di natura
provvisoria che si manifesta in una misura di “si-
curezza”. La confisca tributaria per equivalente
rappresenta una fattispecie che deve essere
ricompresa nella cosiddetta “confisca penale”,
che, come si diceva è una misura di sicurezza
patrimoniale che colpisce i beni che sono diretta-
mente, o indirettamente, collegati al reato per il
quale è stata pronunciata una sentenza di con-
danna. Si tratta quindi di un procedimento caute-
lare che mira all’apprensione del frutto del reato
o di altri beni rappresentativi dello stesso e che
si manifesta inmolteplici fattispecie:
confisca ex art. 240 del codice pe-
nale, confisca per equivalente ex
L. 244/2007, confisca a seguito di
condanna per associazione di tipo
mafioso ex art. 416 bis del c.p., con-
fisca allargata ex art. 12 sexies L.
356/92, ecc. Si noti che l’introdu-
zione della misura cautelare in cam-
po tributario fu effettuata con la
Legge Finanziaria del 2008 (art. 1,
comma 143, della legge n. 244/2007)
e la novella ha determinato una svol-
ta epocale nello scenario delle
fattispecie punitive obbligatorie, ma
“collaterali”, alla sanzione penale tri-
butaria. La norma introduttiva della
fattispecie ha esteso il campo d’azio-
ne dell’art. 322 ter del codice penale,
prevedendone l’applicazione anche
per alcuni (di fatto quasi tutti) i reati
previsti dal citato D.Lgs. 74/2000
(disciplina dei reati tributari).
Testualmente la norma precisa che:
Nei casi di cui agli articoli 2, 3,
4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 del decreto
legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si osservano,
in quanto applicabili, le disposizioni di cui al-
l’articolo 322 ter del codice penale
”.
Quindi nei casi di condanna per l’utilizzo ed emis-
sione di fatture, o altri documenti, relativi a ope-
razioni inesistenti a fini di evasione fiscale, nel
caso di dichiarazione fraudolenta mediante altri
artifici, di dichiarazione infedele e omessa e infi-
ne nel caso di condanna per reati connessi al
mancato versamento (IVA, ritenute certificate e
indebita compensazione) sarà disposta la confi-
sca per equivalente. La predetta misura ha natu-
ra obbligatoria e, a differenza della confisca ex
art. 240 del codice penale, ha come oggetto l’ap-
prensione di una somma di denaro o di un bene
anche non connessi al frutto del reato, ma che
siano comunque di entità tale da equivalere al
profitto derivante dall’illecito; senza quindi che
sia necessaria la presenza di un nesso di
pertinenzialità tra il reato e il bene oggetto di con-
fisca. Si noti che la misura ha natura ablativa con
finalità prettamente punitive. Tale caratteristica è
di notevole rilievo perché la disciplina deve sog-
giacere a tutti i principi di matrice penalistica, tra
cui quello della irretroattività della pena soprag-
giunta. E’ interessante notare che in campo tri-
butario il concetto di
“profitto”
è riconducibile
non tanto a un accrescimento patrimoniale, ma a
un risparmio di spesa fiscale. Non essendoci
quindi elementi pertinenti al
profitto
da collegare
Tratti essenziali della confisca ai fini
del sequestro per equivalente
al reato al fine di procedere alla confisca, il se-
questro non è volto a colpire il risultato dell’atti-
vità delittuosa (confisca diretta), ma un bene di
valore equivalente, che sia però nella disponibi-
lità del reo. Ma vediamo i tre presupposti la cui
presenza è necessaria per procedere alla confi-
sca per equivalente:
1 -
La presenza di una
sentenza di condanna
.
Solo la condanna del reo determinerà il configu-
rarsi del presupposto per la confisca. Si discute
se la conclusione del procedimento penale con il
cosiddetto
patteggiamento
sia compatibile con
la confisca per equivalente. In effetti, la dottrina
prevalente ritiene che nel nostro ordinamento il
perfezionamento della procedura di
patteggiamento debba essere equiparata ad una
sentenza di condanna. Se così è la confisca per
equivalente troverebbe spazio anche in questo
caso in quanto si tratta di una misura obbligato-
ria. Peccato però che, in campo penal-tributario,
il presupposto del
patteggiamento
è il pagamen-
to di tutto il debito tributario e quindi qualcuno
potrebbe eccepire che il profitto (su cui basare la
confisca per equivalente e costituente il secon-
do elemento essenziale per il funzionamento del-
la disciplina) viene meno del tutto nel momento
della restituzione dell’indebito. Un ulteriore pro-
filo di attenzione deve essere riscontrato nell’ap-
plicazione dell’istituto in questione a fronte di
una condanna penale derivante dall’effettuazio-
ne di un accertamento induttivo (la fattispecie
sarebbe quella di “infedele dichiarazione” con
evasione soprasoglia riscontrabile all’art. 4 del
D.Lgs. 74/2000). Nel caso in cui il presupposto
per l’azione penale sia fondato su un
quantum
induttivamente accertato, con tutti gli aspetti e le
problematiche connesse alla concreta
quantificazione dell’imponibile evaso (sul quale
la difesa potrà dispiegarsi nei modi ritenuti più
opportuni nel contestare l’effettivo superamento
della soglia rilevante per il reato), il giudice pena-
le non farà altro che dare per acquisito il dato
evasivo e quindi applicare, in caso di condanna,
anche la misura punitiva di ristoro patrimoniale.
2 -
Ai fini della confisca dovrà essere prova-
to il conseguimento di un
profitto
. Si tratta se-
condo la dottrina di un qualunque vantaggio
patrimoniale derivante dal reato, dato, nel nostro
caso, dal risparmio di spesa fiscale. Deve comun-
que trattarsi di un vantaggio concreto e materia-
le (riferendosi appunto al concetto di
“profitto”
)
non essendo consentito valorizzare ai fini della
confisca l’eventuale beneficio immateriale pro-
veniente dalla commissione del reato (per esem-
pio, si può citare il vantaggio economico ottenu-
to dall’azienda a seguito della
estromissione dal mercato di con-
correnti tramite episodi di corru-
zione).
3 -
Infine, ai fini della confisca
è necessario che vi sia
un bene
di
cui il reo abbia la disponibilità, che,
come dicevamo, può tranquilla-
mente non costituire il diretto pro-
fitto del reato. Il concetto di dispo-
nibilità viene solitamente interpre-
tato inmanieramolto ampia: si trat-
ta di un rapporto di
signoria
, di
diritto o di fatto, sul bene stesso a
nulla rilevando a fini segregativi
figure giuridiche “di schermo”,
come un fondo patrimoniale o
trust, che verrebbero comunque
travolte dall’esercizio dell’azione
penale.
Per concludere questi brevi cenni,
è opportuno soffermarsi sulla que-
stione se i beni di una persona
giuridica possano essere oggetto
di sequestro, e quindi di successi-
va confisca per equivalente, a seguito di un rea-
to tributario commesso dal legale rappresentate.
La questione è sicuramente spinosa dato che si
configura una palese dissociazione tra chi com-
mette l’illecito penale e chi beneficia degli effetti
evasivi del reato tributario. La giurisprudenza di
legittimità si è finora pronunciata in modo artico-
lato sul punto, ma sembra che un principio giuri-
dico applicabile in questo caso sia il seguente:
se la persona giuridica beneficiaria del delitto rap-
presenta un mero “schermo” per la persona fisi-
ca che commette l’illecito allora la distinzione
patrimoniale tra questa e la società non ha ragio-
ne di esistere ai fini della sanzione penale di con-
fisca (di fatto sarebbe come se i beni sociali fos-
sero già nella disponibilità della persona fisica).
Secondo altra giurisprudenza di legittimità inve-
ce, esistendo un rapporto organico tra il legale
rappresentante dell’ente collettivo e la persona
giuridica, dovrebbe comunque essere consenti-
to il sequestro per equivalente dei beni societari;
non solo quindi in presenza delle sopraccitate
società “schermo”. Secondo tale corrente
giurisprudenziale infatti la società non può essere
considerata estranea al reato poiché il vantaggio
economico dell’operazione illecita (risparmio fisca-
le) viene a determinarsi esclusivamente nel patri-
monio dell’ente collettivo, il quale conserva la di-
sponibilità dei beni.
Sopra: disegno de
Il Commercialista Veneto
,
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